Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

chiedere che cosa succede. Senofonte gli spiega che i soldati si passano la parola d'ordine. Ciro domanda con meraviglia chi l'ha prescritta e vuole sapere che cosa dicano; Senofonte gli risponde: "Zeus salvatore e vittoria". E Ciro soggiunge: "L'accetto, e sia così".12 Soltanto più tardi, all'inizio del terzo libro, dopo che in un sogno Zeus lo aveva folgorato, allorché - privato l'esercito greco dei suoi migliori strateghi e del suo comandante di fatto, per il tradimento di Tissaferne - i diecimila rischiano la distruzione e la strage, e trascorrono «una notte d'agonia»,1 3 Senofonte, se si vuol dir così, si presenta al lettore, e il suo incontro con Ciro, a prima vista improbabile, trova un suo chiarimento. Pur non ricoprendo nessuna carica ufficiale, egli non è unicamente uno tra i diecimila: se ha partecipato alla spedizione lo ha fatto su invito dell'amico Prosseno, uno degli strateghi che gli aveva promesso di presentarlo a Ciro; e questi lo aveva accolto benevolmente a Sardi. Perciò si trova in una situazione particolare «non ricopre alcuna carica né di stratega, ne di locago, e neppure è soldato semplice».14 È stato allievo di Socrate, e a lui ha chiesto consiglio, ma, sostanzialmente, nel porre, secondo il parere di Socrate, la domanda all'oracolo di Apollo, a Delfi, ha ingannato il suo maestro, e si è fatto rimproverare da lui. In realtà, Senofonte, la sua scelta l'aveva già fatta, e la esplicita candidamente, sia pure, per interposta persona, parlando di Prosseno: «si unì a Ciro in queste imprese, e cominciò a concepire l'idea di potere, per tali vie, diventare qualcuno, acquistare prestigio e grandi ricchezze».15 La tecnica narrativa di Senofonte si palesa così, a questo punto della sua Anabasi, sapientemente articolata. «Temistogene siracusano», che, oltretutto, scrive della spedizione di Ciro a molti anni di distanza, vuole essere, senza ombra di dubbi, uno storico. Nessun sospetto di au72

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