cioè che esso non si lascia leggere. Vi sono, di fatto, dei segreti che non consentono a rivelarsi». (Poe, L'uomo della folla). Per un'intera giornata, il Narratore segue pazientemente lungo le vie di Londra un uomo che lo soggioga per la sua espressione singolare, in cui vengono evocate e si affollano emozioni intense, varie, contrastanti. «Quale furiosa storia non è suggellata in quel petto!». Tuttavia, al termine di un pedinamento inutile e sfibrante, il Narratore desiste, perché «non riuscirei a sapere di lui e delle sue azioni nulla più di quanto egli già non mi abbia fatto sapere»: cioè che egli «non vuole rimanere solo. È l'uomo della folla». Si incontra qui un esempio di personaggio metonimico, a proposito del quale si potrebbe dire nuovamente che esso non si lascia leggere (Es lasst sich nicht lesen); la sua identità resta virtuale, pronta com'è ad accorrere presso qualunque altro. Incapace di riposare presso di sé, di sostare sul proprio fondamento, privo di una dimora, costretto a uno spostamento perenne: quest'oggetto di una narrazione impossibile genera, tutt'al più, la storia della sua indicibilità: e grazie a questo paradosso può ricevere un nome. Dal punto di vista di colui che lo insegue, egli è «metonimico esterno»; ma non appartiene forse alla sua stessa natura la necessità di aggiungersi, di esistere accanto-adaltri, nella folla? In questa prospettiva The man of the crowd sarebbe, per intero ed essenzialmente, l'uomo della contiguità interna. Come già in Kafka, la distinzione tra i due tipi di personaggio metonimico può lasciare qualche perplessità: a legittimare la distinzione, vengono però i casi in cui il personaggio presenta una inaccessibilità senza alcuna implicazione ontologica. In Arabia di Joyce una fanciulla è oggetto di un'adorazione timida, assoluta, sacrale; ma il motivo di questa distanza non risiede presumibilmente in lei. A renderla inaccessibile, a trasformarla in un feticcio che si può solo sfiorare con lo sguardo, 61
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