Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

(2)' metafora ESTERNA. Benché segnalati puntigliosamente, i «tranelli» della similarità continuano a ricevere l'omaggio di numerose vittime. E non vi è nulla di più facile che cedere alle lusinghe della somiglianza quando si percorre l'universo proustiano, con la sua metaforicità diffusa, persino accentuata in diversi punti dalla riflessione metanarrativa. Non è lo stesso personaggio che dice «Io» a operare confronti, a stipulare analogie, a trarre generalizzazioni? Dopo una prima fase in cui prevalse la critica «impressionista», è diventato quasi d'obbligo per gli studiosi citare un passo in cui Proust rende esplicito il proprio intento: «Là dove io cercavo leggi universali, mi chiamavano rovistatore di particolari».14 Tuttavia la consapevolezza della Recherche come opera anche teorica, o filosofica, genera effetti ingannevoli. Esiste infatti la tendenza a trasferire (o a subordinare) il problema della somiglianza alla sfera del concetto. Vale a dire che, in presenza di personaggi o eventi simili, si tenderà a considerarli come esempi o varianti rispetto a un nucleo comune: la legge che essi esprimono, sia pure nelle modalità concrete del narrativo. Gli amori per Gilberte, per la duchessa di Guermantes, e per Albertine dipendono dalle stesse leggi, e da ciò si inferisce che sono analoghi - così come si somigliano tutti i triangoli che un geometra potrebbe utilizzare per la stessa dimostrazione.'s Nulla di più errato, almeno per quanto riguarda la serie Gilberte/Oriane/Albertine. Il Narratore lo afferma in modo inequivocabile: «Il mio amore per Albertine, il cui destino avevo creduto di poter prevedere analogo a quello del mio amore per Gilberte, come s'era sviluppato invece in assoluto contrasto con esso!».16 - È probabile, nondimeno, che questo passo risulti sconcertante per molti lettori di Proust: esistono ormai dei luoghi comuni o, meglio ancora, delle «abitudini di lettura», per cui l'universo proustiano viene considerato ripetitivo, fondamentalmen54

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