Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

saggi» interni meno lineari, meno ovattati e giustificati. La trasformazione dell'eroe ottocentesco - basti pensare all'Innominato - era preparata e orchestrata con la massima attenzione per il principio di verosimiglianza: la violenza di una crisi interiore non doveva compromettere la percezione d'identità, l'eroe doveva restare «se stesso», specialmente dal punto di vista del lettore. Con il Novecento, si modifica il presupposto iniziale: i vuoti o i salti tra le diverse identità di un personaggio appaiono più come un «dato» psicologicamente attendibile che non come i difetti o le incoerenze del testo. Vedremo fra poco come si possono progettare personaggi interamente metonimici; quanto ai testi in cui il metaforico svolge una parte decisiva, il principio di somiglianza sarà applicato in modo erratico, intermittente, discontinuo. Una «somiglianza che si sposta» unifica identità diverse, un po' come si gettano ponti tra le isole di un arcipelago: ornate della medesima vegetazione, esse rimangono capricciosamente variabili. Leggiamo una pagina di Proust: Accadeva ad Albertine come alle sue amiche. Certi giorni, sottile, con una carnagione grigia con un'aria. imbronciata, con una trasparenza violetta che le scendeva obliquamente nel fondo degli occhi come vediamo a volte nel mare, sembrava provasse la tristezza d'un'esule. Altri giorni, il suo viso più liscio invischiava i desideri sulla sua superficie tersa e impediva loro di andare oltre; salvo che io, a un tratto, non la vedessi di fianco, perché le sue gote opache come bianca cera alla superficie erano rosee in trasparenza: il che dava una gran voglia di baciarle, di raggiungere quella colorazione diversa che sfuggiva. Altre volte la felicità bagnava quelle gote con un chiarore così mobile che la pelle, divenuta fluida e vaga, lasciava passare come degli sguardi sottostanti che la facevano apparire di un altro colore, ma non di una materia diversa, degli occhi; a volte, senza 51

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