Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

bordinata e mortificata dall'esigenza di adattarsi ad un nucleo narrativo definito anzitutto in termini sintattici e che, quando procede verso la semantica, tenta di imporle il mito della propria univocità. E in una teoria del discorsivo la retorica non può limitarsi a svolgere funzioni ornamentali. 3. Una tipologia del personaggio. La nostra ricognizione sul terreno della narratologia ha fatto emergere alcune opportunità, per ciò che concerne la teoria del personaggio: a) la concezione più persuasiva è senza dubbio quella in- . diziaria. Essa abbraccia le due dimensioni tradizionali del «sintagmatico» e del «paradigmatico», ma dal punto di vista del lettore. Il personaggio viene costruito abduttivamente, in un'incessante attività di correzione e di messa a fuoco imposta da ogni nuova informazione- da ogni aggettivo narrativo - che va ad aggiungersi alla somma precedente. Dunque, la sintesi lineare si apre subito in direzione dell'implicito: le «piccole ipotesi» vanno ad allargare e sovente ad opacizzare la «grande implicatura»; b) è emersa la necessità di abbandonare il postulato del1' omogeneità semantica, adottato con scarsa consapevolezza in tutta la narratologia.7 Diventa impossibile credere all'innocenza di una parafrasi proairetica: perché le azioni appartengono a diversi regimi di senso, e dunque presuppongono il loro soggetto secondo diverse modalità. Lo si è visto nel Macbeth: se alcuni gesti implicano un soggetto «pieno», trasparente, e un'armonia tra intenzioni e praxis che rende le prime leggibili con sicurezza nella seconda, altri gesti evocano un soggetto che- nei termini della psicoanalisi lacaniana- «manca al suo posto»: una discordanza tra le motivazioni e la praxis esteriore, discordanza che può essere ignota al soggetto stesso, ma cambia il «sapore» e l'«odore» dell'azione. E se il palato 47

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