e della irreversibilità: una volta compiuta, è terminata davvero e non deve ricominciare. Azioni sono quelle compiute da Macbeth sotto la signoria del re Duncan; atto è il crimine che rovescia l'ordine naturale delle cose, uccide il sonno, apre nel suo autore una lacerazione insanabile. I paradossi e i conflitti dell'eroe tragico dipendono dall'intraducibilità dei due significati di «azione». Il conflitto tragico non è (se non parzialmente) sintattico o para-sintattico (cioè un rapporto tra attanti), ma è semantico. L'eterogeneità del senso e l'impossibilità di elaborarlo - il disperato tentativo di adeguare l'azione all'atto -spingono verso la catastrofe. Nel Macbeth l'eterogeneità viene annunciata subito - nel linguaggio irto di paradossi delle «Fatali sorelle»: ma una narratologia miope si soffermerebbe sul contratto tra le Streghe e Macbeth (oppure sull'auto-destinazione al crimine dell'eroe); sul ruolo di Adiuvante svolto da Lady Macbeth, e sul dilemma tra Soggetto e Anti-soggetto (tra sete di potere e senso di colpa) nell'ambizioso generale di Duncan. Formule ben poco chiarificatrici: se anche chiediamo agli attanti di selezionare dei ruoli tematici -Macbeth l'ambizioso? il distruttore dell'armonia e dell'ordine?6 ecc. - arriveremo ben difficilmente ai risultati cui approda un'interpretazione semio-psicoanalitica (come quella di Serpieri 1986); a meno di non scindere subito il Destinatario delle azioni e il Destinatario dell'atto, ecc. Per la verità, Greimas si è talora convinto a divaricare il significato degli attanti per adeguarsi ai precisi valori semantici della narrazione. Ma, in tali circostanze, l'influsso selezionante del narrativo sul descrittivo viene a indebolirsi sempre di più; si verifica propriamente l'opposto, vale a dire che è il discorsivo a problematizzare griglie sintattiche scheletriche e «universali», sottolineando la relatività delle realizzazioni culturali e la pluralità dei percorsi strategici. È dunque necessaria una teoria del discorsivo non su46
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