Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

tico, e del resto l'addensarsi dell'umido sul vetro è attentamente seguito nelle varie fasi. Eppure proprio questo calcolo si svolge nei segni di un tempo che appartiene al soggetto della narrazione. Questi distingue la prima fase nell'atto in cui l'umido vela il cristallo a modo di sottil panno, e rileva nella seconda qualcosa di vano - di umano, appunto - come una resistenza dell'elemento, che ormai è rammassato in grosse gocciole e sdrucciola giù per un dosso sfuggevole, e distilla, mentre il cursus lo accompagna nella caduta. Una durata di tempo umano può essere la cosa che risalta all'improvviso in una esperienza che per sua natura non la prevede, per esempio la «stravaganza» - detta per inciso, come una motivazione - di un termometro diviso in 50 gradi che, certi inverni, fece scendere molto in basso la sua acquarzente; lo si sta confrontando con un termometro «diviso in 100 gradi»: quello ne' maggiori stridori del nostr'inverno si riduce a 17 e a 16 gradi; questo ordinariamente a 12 e 11, e per somma stravaganza un anno è arrivato a 8 e un altro a 6. (p. 67) O può essere, quella durata o connessione, la forma narrata assunta con naturalezza da un'osservazione scientifica, da un'ipotesi, da una deduzione, come questa che si trae dal movimento, attentamente sorvegliato e marcato, del mercurio in una canna. Questo, contenuto in un vasetto nel quale è stata «attuffata» la canna, è sottoposto a un carico d'acqua e subito si solleva dal punto I al punto O (come mostra nel libro la figura), e si mantiene a quel punto della canna anche quando resta poca acqua a premerlo perché è stata «stuccata» la bocca del vasetto; ma è acqua pressata in antecedenza da tutto il carico; se ne deduce, appunto, che l'acqua rinchiusa nel vasetto, non «per forza si molla», cioè per una elasticità che dovrebbe «per avventura» possedere, ma per quella pressione 21

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