Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

terra, la nostra «cara vecchia terra», si ribella ai soprusi che l'uomo le infligge continuamente e invia un poetico, ma perentorio e ineludibile, messaggio ai suoi sconsiderati abitatori. Il testo e i disegni, dovuti a Castelli e ad Alessandrini, sono dotati di un'insolita forza e la «denuncia» non ha nulla in comune con le prediche televisive di questo o quello ayatollah opportunisticamente riciclato in senso ecologico, perché tocca con leggerezza attenta anche la specificità di alcuni problemi ambientali e soprattutto indica come essi possiedano una ineludibile dimensione planetaria. Ma questo episodio della «serie» di Martin si distacca dagli altri che sono invece immersi nel clima consueto, a proposito del quale mi sento in dovere di individuare un preciso approccio ermeneutico. Mi sembra che il malessere certamente evidenziato da questi fumetti «popolari» oscilli quasi calcolatamente tra due estremi: da un lato c'è il Basso, in un certo senso sempre legato a certe produzioni di massa, e qui da porsi sotto l'etichetta di un Qualunquismo Catastrofista. Dall'altro c'è un ambito del tutto diverso; che potrebbe definirsi Alto e rendere concreta una nuova specie di Nichilismo Romantico Diffuso. In fondo i temi trattati riguardano non solo aspetti altrove negati, come la Morte, la Malattia, (Fig. 4, a, b, e, à) le sofferenze della quotidianità, (Fig. 5, a, b) ma anche i modi con cui tali aspetti possono o potrebbero venire raccontati. Infatti, in un turbinio di cronache giornalistiche, i lettori dei quotidiani scoprono che, in realtà, manca proprio la «cronaca», ovvero uno scavo attento, appassionato, curioso, motivato, dei fatti comuni, anche quando sono eccezionali. I cronachisti dei giornali di oggi non sono gli eredi autentici dei narratori ottocenteschi dei feuilletons: tutte le cronache dei nostri quotidiani sono uguali, insapori, gelidamente sensazionalistiche, rese incolori da ritmi, dosaggi, impaginazioni che non lasciano nulla all'(eventuale) estro dell'autore. Un tempo la «com192

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