Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

prolunga nel tempo. Ma c'è un'altra ipotesi su questi verbi che vorrei azzardare, non comprovata da alcuno scolio, ma solo dall'uso che ne viene fatto nei· due poemi: i preteriti non costituirebbero più il fondamento grammaticale della frase, al pari di ogni altro verbo, ma sarebbero un segnale di un secondo livello del racconto, che sembra nascondere un modo di narrare differente, perso con l'oralità dell'epos e rimasto soltanto in pochi sporadici episodi. Questo racconto secondario e senza tempo darebbe forma concreta a quel valore del verbo, l'aspetto, che in seguito ha dovuto segnare il passo (anche se, in greco, meno che in altre lingue antiche, come il latino) in favore del tempo propriamente detto. Se nel dialetto omerico ogni tempo ha spesso una radice tematica proprio per sottolineare il valore aspettuale, i preteriti iterativi non sarebbero altro che un'ulteriore specificazione dell'aspetto, privi di qualsiasi valenza temporale, usati solo ed esclusivamente per raccontare il superfluo, il resto del racconto, ciò che non è essenziale, ma che proprio per questo costituisce, in Omero, l'essenza stessa, e con essa il piacere, del testo. Andrea Brunetti NOTE 1 Aristotele, Dell'arte poetica. Trad. C. Gallavotti, Milano, Mondadori, 1974, p. 93 2 Cfr. E. Auerbach, Mimesis, Torino, Einaudi, 1972, pp. 6 ss. 3 Il suffisso «ske» è tipico di diverse lingue indoeuropee, ma non in tutte assume lo stesso valore: in armeno, ad esempio aveva nell'aoristo una valenza modale prima che preteritale (cfr. M. Negri, Studi sul verbo greco, «Acme», 29, (1976) pp. 233-250), in ittita veniva sempre mantenuta la vocale tematica davanti al suffisso iterativo (Cfr. Chantraine, Grammaire Homerique, Paris, 1963; vol. I, p. 318), infine in latino non troviamo traccia di suffisso iterativo indipendentemente dal tema del presente. 184

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