Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

«Esseri deboli e incatenati... » Non c'è sublimazione in Sade, evidentemente. Non a livello deliberato - niente è più lontano dalle intenzioni di Sade quando scrive. Lacan, appoggiandosi a un aspetto pratico della nozione di sublimazione secondo Freud, che accenna ai riconoscimenti di valore sociale (successo, ricchezza...), ha buon gioco a ironizzare gli scarsi vantaggi riscossi con la propria opera letteraria dal prigioniero Sade... Ma neppure per quanto riguarda il lato involontario degli effetti dell'opera sul fruitore, effetti che investono in qualche maniera la vecchia catarsi - neppure così si troverebbe traccia di sublimazione, beninteso nel significato ormai convenzionale che ha assunto nel corso storico. Nulla di ciò che viene offerto dalla scrittura sadiana è suscettibile di trasformarsi, di cambiare livello. Le cose eccessive che vi si articolano restano fino in fondo uguali a se stesse: era questo, dopotutto, l'intento di Sade. Se le operazioni erotiche non meno delle torture sembrano impossibili al lettore, è perché non appartengono alla realtà, che possiamo trasformare, almeno pateticamente, ma al reale. Il racconto di Eros e quello di Thanatos non sopportano nessun adattamento: è probabilmente il rilievo essenziale per l'opera di Sade. Per essi si può richiamare forse la forma «irriducibile nel profondo del soggetto», del Wunsch, imperativo non universale ma estremamente particolare - e tuttavia con valore di legge. Esso risuona attraverso tutta la terrificante harangue del duca di Blartgis ai sequestrati del castello di Silling, fin dall'attacco sinistro: «Esseri deboli e incatenati, destinati unicamente ai nostri piaceri...» A meno che non si voglia leggere una forma di sublimazione nel fatto che tutte quelle cose sadiane, che non cam175

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