Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

da è: si sutura qualcosa fuori o dentro: espulsione o «criptizzazione»? Il racconto ha una gestione rilevante dei luoghi, cui viene affidato un particolare valore di senso. Le 120 journées de Sodome s'imperniano sull'ideologia del luogo chiuso, rigorosamente separato dal resto della realtà, interdetto: è il caso del castello di Silling, teatro di una narrazione che ha tratti rilevanti di claustrofilia. All'interno del castello, poi, si moltiplicano i luoghi seelusi «per destinazione»: il «cabinet d'assemblée» destinato ai racconti delle quattro «historiennes», il quale, come in un gioco di scatole cinesi, contiene a sua volta spazi minori ma altrettanto riservati: nicchie, guardarobe, boudoirs, fino alla segreta cui conducono trecento scalini. I libertini si calano dunque, non per timore ma per affermazione di inaccessibilità, nelle viscere della terra, come si suole dire, per celebrarvi i loro fasti. In opposizione (Sade procede non per passaggi dialettici ma per contrasti frontali) si colloca il viaggio, il vagabondaggio. Si viaggia molto in Justine, ancora di più in Juliette. Gli spazi viaggiati rappresentano la finitudine/ infinitudine del fuori come la stanza chiusa, la cella, il sotterraneo configurano la finitudine/infinitudine del dentro. Questa topografia è in parallelo con l'enciclopedia erotica. Qualcuno ha considerato l'opera di Sade come un catalogo delle perversioni, ciclico e alla fine dunque ripetitivo. Michel Tort ha reso giustizia a Sade contro questa, che infine è una imputazione di immobilità e ricalco. Nessuna intenzione tassonomica: bensì la volontà di «offrire a ogni soggetto un significante del proprio desiderio», che lo afferri e lo sfaldi (in Tel Quel, «L'effet Sade»). Del resto, ci aveva già pensato l'autore a difendersene nell'introduzione alle 120 journées: «Quanto alla diversità (s'intende, delle seicento passioni rappresentate) sta certo, o lettore, che è precisa; studia bene quella di esse 173

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