Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

a quello? o finalmente, si tratta di due discorsi diversi che dicono la stessa cosa? «Perversione suprema» Un aiuto può venire dalla ricodifica della situazione: una ricodifica che si sostenga su una coppia: nevrosi / perversione - naturalmente con le avvertenze che un uso tendenzialmente metaforico esige. Sarà appena necessario precisare che il termine di perversione non si riferisce qui alla materia dell'opera sadiana, direi: alla sua materia esterna, che ha potuto anche farla sbagliare per un'anticipazione delle enciclopedie nosologiche di Krafft-Ebing o di Havelock Ellis. Esso designa qualcosa del modo in cui il soggetto Sade si mette in rapporto con quella infinita, con quella enorme materia - scrivendo. Con uno occhio al rapporto fra nevrosi e perversione (consegnato fra l'altro dalla formula della "negativa" coniata da Freud, che in altro passaggio dei Saggi sulla teoria sessuale accenna a «ogni tipo di miscela diversamente proporzionata fra capacità di prestazioni, perversione e nevrosi»), si comincia a capire che cosa voglia dire occupare il posto della perversione - e l'accostamento successivo della scrittura alla perversione. Se scegliamo la scrittura, scegliamo in certo modo di essere perversi, di scommettere sulla finzione di godimento propria dello scrivere. Le linee che segue la scrittura sono linee storte, linee che deviano continuamente, che girano intorno alla meta. Ciò che la fa concepire come attività perversa si potrebbe articolare così: la scrittura, nell'attuarsi in quanto scrittura, si sperimenta come insufficiente a se stessa. Deve ridursi a moltiplicare le mete parziali, perché quella globale «la scrittura fuori del linguaggio», per dirla 164

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