Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

importa invece che l'intervento dell'elemento dissolutore sia spazializzato nel bianco dell'interruzione, cui segue, a rendere universale ciò che universale è, la citazione dell'inizio delle Lamentationes di Geremia: Quomodo sedet sola civitas piena papula! {acta est quasi vidua domina gentium. D'altro canto, se è vero che anche la prima canzone «in morte» della Vita nuova (Li occhi dolenti per pietà del core) è una canzone di memoria, è pur vero che Dante aveva già, con straordinaria tecnica narrativa, anticipato il momento della morte nel capitolo XXIII, dove narra in dettaglio una visione orrorifica sopraggiuntagli durante una dolorosa infermitade; in quel luogo, lo stato d'angoscia provocatogli dalla malattia aveva indotto il poeta, com'è che accade, a considerazioni sulla propria morte e, dunque, sulla morte in generale. Di lì aveva preso forma il terrificante pensiero: «Ben converrà che la mia donna mora» (Donna pietosa e di novella etate 34, XXIII 21), che nell'amplificatio della prosa suona: «Di necessitade convene che la gentilissima Beatrice alcuna volta si muoia» (XXIII 3). Ecco, la morte non potrà che giungere, anche per la Beatrice, inevitabilmente, come necessità legata alla vita dei corpi; conseguentemente, l'effettivo intervento dell'elemento dissolutore nella Vita nuova conserva tutta la sua violenta connotazione biologica. Certo, anche nel prosimetro dantesco la morte può essere soltanto anticipata o recuperata (prolessi o analessi); ma con la differenza che la maestria narrativa del Grande Fiorentino fa intravedere l'unico possibile presente: l'estremo. Quel bianco che spezza Sì lungiamente non è solo il colpo della falce ma è l'intrusione nella temporalità testuale di questo presente estremo cui non è data la progressione cronica della lingua e della didbilità. Raffrontata a questa mirabile elaborazione, la narrazione dei Rerum vulgarium fragmenta nel suo giro di boa, è piuttosto tutta testuale; il «ben converrà che la mia donna mora» che si configura nel Canzoniere non è la muta «convenienza» 159

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