Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

sonetto l'orrore della passione smodata non riesce né a far dolce la memoria né tantomeno a coltivare la speranza di un porto, profano o divino che sia. La morte di Laura sarebbe dunque giunta a sciogliere un nodo altrimenti insolubile, a ridare senso (e senso cristiano) ad un'esistenza interamente smarrita. Con una simile chiusa, il contrasto fra passioni sensuali e stimoli religiosi così magistralmente riprodotto da Petrarca in /' va pensando, avrebbe assunto maggiore pregnanza e avrebbe preparato, nel suo mirabile bilico, l'intervento dell'elemento dissolutore (ma certo tale soluzione, ad un certo punto, dové apparire al poeta troppo drastica, se è vero che già nella forma successiva, detta Raccolta di Giovanni, aggiunse un ennesimo, e più lezioso, sonetto conclusivo, il CXC, Una candida cerva sopra l'erba). Se ora si confrontano queste due soluzioni intermedie con quella definitiva, ci si potrà rendere conto di quanto fu elaborata (e tormentata) la scelta del senso da attribuire, nelle cadenze narrative del tirocinio poetico e amoroso, all'evento risolutore. Nella configurazione conclusiva dei Rerum vulgarium fragmenta, infatti, la prima parte piuttosto che ricevere un arresto propositivo, e in un certo senso prolettico (qual è quella della forma Correggio), o dichiaratamente drammatico, e dunque propulsivo (come accade nella forma Chigi, ove si stabilisce il legamento narrativo più marcato fra le due parti), sembrerebbe invece digradare, diciamo pure sfumare, in una recapitulatio superficiale (perché encomiastica) della "portentosi tà" della donna-lauro, dalla quale il desiderio (peccaminoso e ossessivo) del poeta è come si fosse defilato. Prima di giungere all'ultimo individuo, il sonetto CCLXIII, che è l'elogio dell'arbor victori"osa tri"umphale e della sua eccelsa proprietà (il bel thesoro di castità; non si può immaginare nulla di più lontano dalle cupe appassionate vicende narrate nel sonetto CLXXXIX), Petrarca 155

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