Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

tarsi su spazi nebulosi, non ancora «trascritti» o codificati. In tal senso, l'«argument by analogy» poteva condurre a visioni vertiginose (e tale fu quella della Origin darwiniana), inconcepibili all'interno degli «habits of looking» prescritti e delle retoriche che li sopportavano. Con l'immaginazione Darwin aveva sopperito appunto a «the habit of looking at things in a given way» e con un linguaggio «pieno di immaginazione» aveva operato scientificamente oltre, e in assenza di fatti empirici. Lo 'hic et nunc' dell'osservazione empirica imprigionava l'osservatore a un punto di vista circoscritto nel tempo e nello spazio, lo obbligava ad «esposizioni a breve termine»; l'intuizione di fondo della teoria darwiniana, l'ipotesi di una scena naturale transitoria e in costante mutazione, travalicava ogni laboratorio empirico, ogni logica descrittivo-dimostrativa. Nessuna formalizzazione, dentro al sapere vincolato della disciplina, poteva allora dargli accesso all'osservazione di «lunghissimo periodo» - il lunghissimo periodo della storia delle ere, dell'evoluzione della specie, del lento trasformarsi della materia in tutte le sue forme animate e inanimate. Nessun linguaggio induttivo avrebbe sopportato quella vertiginosa escursione temporale, il moltiplicarsi dei punti di vista, la proliferazione incontrollata dei dati: sarebbe stata l'argomentazione condotta in linguaggio ordinario a portarsi in giro l'immaginazione del ricercatore, senza limiti di spazio e di tempo, a dar gradatamente veste «razionale» alla visione: 132 Quando diciamo che Darwin fornisce validi presupposti perché noi accettiamo la sua teoria della selezione naturale, non intendiamo semplicemente che siamo inclini, psicologicamente, a concordare con lui; piuttosto, è evidente che siamo disposti a credere che ci comportiamo razionalmente nel reputare probabile la sua teoria. Crediamo cioè che esista una relazione oggettiva

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