«in an attempt to influence opinion» (a favore di Lloyd George, contro Mr. Churchill, contro le risoluzioni del trattato di Parigi, per una revisione della politica monetaria, etc...); e da un'altra la consapevolezza di una «presa di parola» dai risvolti fin troppo «profetici» che non ebbe la giusta considerazione. («Il volume poteva proficuamente titolarsi Saggi di Profezia e Persuasione, poiché la Profezia, sfortunatamente, ha avuto maggior successo della Persuasione.») (EP, p. XVII). Evidentemente consapevole del «peso delle parole» e del «peso dell'argomentazione» («the weight of argument», come si chiamerà nel Treatise on Probability), Keynes non esita a riconoscere nell'eccesso di profezia e nell'incapacità a persuadere, un caso di argomentazione fallita di espressione «oscura», troppo densa di «understatements». Come sappiamo, come Keynes dimostra di aver saputo, dietro il modello retorico di ideale bilanciamento tra escursione razionale ed escursione «profetica», non sta solo il fantasma del predicatore puritano ma anche quello di un metodo comunicativo e «scientifico» su cui l'Ottocento aveva in parte riformato il proprio sapere. Malgrado le intenzioni, non abbiamo per ora potuto compiere alcuna seria verifica sulla «biblioteca» privata di Keynes (proliferata anche per la nota passione antiquaria e bibliofila dell'autore); ma basta scorrere il curriculo universitario ed immergerci nell'intrico delle citazioni keynesiane (dentro i testi o in nota) per sentire tutto il peso della sua formazione vittoriana, e della seduzione duratura esercitata da alcuni autori di quell'epoca. Vi sono, nel panorama dell'eredità vittoriana, alcune connessioni e continuità di pensiero che l'autore stesso provvede a stabilire, soprattutto per quanto attiene lo sviluppo di un filone del pensiero scientifico ed economico a lui particolarmente congeniale. A questo anche servirono le Biographies, in particolare di Malthus e Jevons, e il lungo studio «The end of Laissez-faire» (contenuto negli 127
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