Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

3. L'eredità puritana-vittoriana, o dell'argomentazione eccedente. Cosa dovremmo rispondere se ci chiedessero: «hai il pensiero prima di avere l'espressione?» E che cosa dovremmo rispondere alla domanda: «in che cosa consisteva il pensiero quale si trovava in noi prima dell'espressione?». (L. Wittgenstein) Con le teorie evoluzionistiche e l'agnosticismo dei «padri vittoriani», il dibattito intellettuale e scientifico era entrato in una fase di modificazione profonda, nelle premesse e nelle conseguenze. Creazionismo e Teologia, «luoghi» di concrezione di tradizione, credenza e convenzione, sopravvissuti alle spinte del razionalismo filosofico e dello scientismo, cedono il passo a nuove «costruzioni», non meno potenti per elaborazione immaginaria e concettuale. Nonostante numerose riserve circa la «scientificità» del metodo darwiniano, la nuova teoria sulle origini e le trasformazioni della specie umana non poteva non produrre conseguenze sullo sviluppo delle scienze morali e sociali, oltre che sugli atteggiamenti individuali e collettivi: così per esempio a Cambridge accadeva che teorie evoluzioniste e spiegazioni agnostiche costituissero, insieme, quotidiana occasione di dibattito per i Dons vittoriani; e che gli «Apostles» non dibattessero più di Teologia, ma solo, rigorosamente, di Religione e di Morale. Ora i problemi religiosi, sottratti all'ambito del dogma, si applicavano all'ambito circoscritto della condotta etica, le «applied ethics» di Sidgwick, Marshall e Stephen, appunto. Qualche debole concessione al trascendente era fatta tuttavia in materia di esistenza e salvezza dell'anima, anche ad arginare il sospetto di un'implicita adesione alle istanze del Materialismo: persino Leslie Stephen, il più 122

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