Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

l'economia a candidarsi come naturale sede di dibattito sul sapere e i suoi modi. O comunque non l'economia di Marshall, così patentemente modellata su una parte della tradizione del pensiero economico. Non casualmente, quella parte di tradizione era per Keynes la meno interessante, per premesse teoriche e per orizzonti di sviluppo. Per Marshall, la tradizione a cui ispirarsi era quella della linea Ricardo-Bentham-Mill; per Keynes, lo deduciamo dalle Biographies, maestri sono piuttosto Malthus, il Mill della Autobiography (il cui benthamismo si era temperato all'incontro con la imagination di coleridgiana memoria), e l'eclettico Jevons, «the pattern of what an economist and logician should be» (EB, p. 109), uno studioso che aveva accettato l'irriducibile complessità dell'oggetto economico, aveva pensato all'economia come ad una «singularly difficult art», e che, proprio per questioni metodologiche, «has had almost as few successors as predecessors» (EB, p. 127). Quanto le due linee di pensiero fossero alternative, quali principi di fondo fossero in gioco nell'una:e nell'altra visione dell'oggetto e della teoria economica, è messo chiaramente a fuoco attraverso un carteggio Malthus-Ricardo del 1817 che Keynes recupera ed illustra: 116 Ricardo: ...Tu ti preoccupi costantemente degli effetti immediati e temporanei, mentre io li tralascio per dedicarmi soprattutto ad aspetti di permanenza («the permanent state of things»)... Mill: ... Sono certamente propenso a far frequente riferimento alle cose così come sono («things as they are»), in quanto unico modo per garantire una utilità sociale a quanto vado scrivendo; credo anche che questo sia l'unico modo per cautelarsi dagli errori in cui caddero anche i sarti di Laputa, e cioè il partire da un errore seppure lievissimo per

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==