Il piccolo Hans - anno XV - n. 59 - autunno 1988

biografici che Keynes andò via via redigendo a partire dal 1914, ad elogio o a ricordo di figure del mondo scientifico e accademico inglese a lui contemporanee o di un passato più o meno recente. Indirettamente, dunque, nel ripensare alle vite di Newton e Malthus, oppure di Jevons, Marshall, Mary Paley o Edgeworth, Keynes «inciampa», inconsapevolmente o meno in fondo non importa, su verifiche parentali, su tratti presenti o assenti di esperienza familiare a cui ricondurre la formazione di un carattere o di un destino. Nel tracciare l'archeologia della «Grande Intelligentsia Inglese che ha costruito le basi del nostro pensiero nell'arco di due secoli e mezzo, da quando Locke con il suo Essay on Human Understanding scrisse il primo testo moderno in lingua inglese.» (EB, p. XIX), di quella Grande Intelligentsia che la scrittura biografica celebra come Grande Famiglia nazionale cui idealmente ricongiungersi, Keynes insiste su alcuni modelli che non certo casualmente, possono ricondurre facilmente alla memoria biografica non detta delle autorità parentali. Così, i tratti strutturali e comportamentali riconosciuti nel padre e nella madre, le loro ascendenze culturali e «lo stile di vita» e di educazione che essi privilegiarono, fungono puntualmente e occultamente da parametri nella identificazione di una presunta «solidarity and historical continuity»: come cartine di tornasole che l'autore via via utilizza, soprattutto nel confronto con i «fellow economists», gli studiosi con cui era più urgente stabilire affinità _e contrasti. Su questi parametri infatti si decide la genesi dei ritratti di Malthus, Jevons e Marshall; e, sin dagli stadi iniziali, è chiara al lettore l'allusione ad una grande affinità con Malthus, «the first of the Cambridge Economists», e al contrario un'inevitabile, fatale, diversità da Marshall che pure gli aprì la carriera accademica a Cambridge nello Economics Tripos da lui recentemente fondato. 108

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