Il piccolo Hans - anno XV - n. 58 - estate 1988

che è "la pace della sera"? Nella misura in cui non lo attendiamo né lo desideriamo, e neppure da molto tempo vi abbiamo più pensato, è sostanzialmente come significante che esso ci si presenta... Un significante nel reale.» A questo punto, il testo lacaniano citato serve da trampolino. Serve ad avanzare per analogia l'ipotesi, accettabile o meno si vedrà, che una faccia del sublime, non dico la faccia, si mostri qui: nell'essere un significante apparso nel reale. Va da sé che bisogna intendersi sul valore da dare ai termini come significante, reale, apparso nel reale, nella particolare occasione. Ma anziché affrontarli di petto, preferirei arrivarci di sbieco, con maggio:r profitto. Che cosa è la «pace della sera»? Sono i colori o i noncolori della fine della giornata, un'attenuazione, e insieme un'intensificazione dei nostri sensi, la percezione, senza fratture, del dentro/fuori, l'avvento di una calma che ci sopravvanza... Sto ripetendomi, evidentemente. Allora, meglio citare, come autentico concentrato della «pace della sera», i pochi versi goethiani, peraltro famosi, del Wanderers Nachtlied: -Ober alles Gipfeln ist Ruh, in allen Wipfeln spurest du kaum einen Hauch; die Vogelein schweigen im Walde. Warte nur, balde ruhest du auch. (Su tutte le vette I è pace, I in tutte le cime/ trasenti/ appena un respiro./ I piccoli uccelli tacciono nel bosco./ Aspetta un poco, presto I riposerai anche tu.) «Warte nur, balde/ ruhest du auch..» L'inatteso che colma una aspettativa si è prodotto. E tuttavia qui ho fatto ricorso a una specie di tautologia, giacché la poesia di 97

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