voluttà «organica» di spersonalizzazione, mediante il moltiplicarsi di una identità d'Autore che, com'è noto, si disseminerà in una intera Letteratura: commenta Pessoa: «e in tutto ciò mi sembra che io, creatore di tutto, fossi quello che era meno presente»; l'eteronimia pessoana provocava così una disseminazione infine decostruttiva del riferimento, in favore di un determinarsi abnorme, e paradossale, del senso dei nomi; di una sciarada, proprio. Se Pessoa «non evolve, VIAGGIA» attraverso l'accumulazione di nuove personalità («nuove maniere che fingo che capisco il mondo») intese come esperienza (Erfahrung), sappiamo invece che in Stendhal «la mania di viaggiare, il piacere delle fughe sono perfettamente sovrapponibili alla pseudonimia» (Starobinski). Specularmente, la «polinimia sistematica» stendhaliana si presenta come vertigine di super-personalizzazione, forte a tal punto da costituire un «aldilà delle apparenze» inaccessibile all'intelligenza degli altrui sguardi; l'egotismo sa così predisporsi un felice assorbimento nella finzione, sino a fondare una «naturalezza di secondo grado» in cui simulare identità: quell'identità fittiva e salottiera che è la simulazione delle maschere; salvo a rimandarsi, «l'evasione da sè e la ricerca di sé», continuamente l'un l'altra12 • La pseudonimia dossiana partecipa nel medesimo tempo di quella spersonalizzazione e di questa super-personalizzazione, sia pure su di un tono minore (e magari più ammiccante, per questo); come per Stendhal, il piacere parrebbe ora quello di «separare in sé la persona dal personaggio» (Starobinski): ma è proprio questa opposizione fondamentale che si gioca nella definizione del nome, nella spaccatura del significante la quale simmetricamente scinde una sola identità biografica («Alberto Carlo PisaniDossi»), in una identità d'Autore, soggetto biografante («Carlo Dossi», autore della Vita) e, possiamo supporre, addirittura narratore (nel senso narratologico, di funzione enunciativa testuale), ed una identità di personaggio, sog82
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