Il piccolo Hans - anno XV - n. 58 - estate 1988

A Rodope, dove boschi e rocce ebbero orecchi All'estasi, fino a che il clamore selvaggio non coprì E arpa e voce; né poté la Musa difendere Suo figlio. Così tu non mancare, a chi ti im p lora: Perché tu sei celeste, quella un vano sogno. Un movimento verso il basso, antisublime, sostiene la protasi del VII libro del Paradiso perduto. Il poeta invoca dalla musa celeste la discesa dal cielo empireo: fin lassù l'ha seguita, attirato dalla sua voce divina above the flight of Pegasean wing. Ma ora chiede la perdita dell'ispirazione, la liberazione dall'estasi: che la musa lo riconduca giù, lo restituisca all'elemento nativo. Alla terra. Lì il canto sarà fermo: standing. Tutto contenuto nella sfera diurna, sempre visibile, ché dell'alternanza di luce e d'ombra è fatto il giorno terreno, il solo che lui conosca. Ancora, forse, quando il canto incomincia l'estasi è in atto. I soar, mi libro, dice il poeta da un presente indefinito, assolutamente irrelato, per sintassi di racconto, all'altro presente che dal centro di questo introibo gli risponde: «ritto sulla terra più sicuro io canto». In mezzo, silenziosamente, nell'ambito di quella più generale storia della Caduta che è il tema del racconto epico, un'altra «caduta» si è consumata. Possiamo divertirci a immaginare il Bardo Miltonico, impaurito all'impennata di Pegaso come già il suo precursore trecentesco Chaucer dal volo dell'aquila, che supplica di esser fatto scendere dall'alato destriero; e non c'è dubbio che ai vv. 25-26, con la doppia sottolineatura chiasmatica che li marca-though fallen on evil days, I On evi! days though fallen - la sua preghiera è stata esaudita. È avvenuta la caduta: dalla luce costante dell'empireo allo stretto cerchio della luce e del buio terreni, dalla voce «divina» a quella «mortale». Proprio a metà del canto -Half yet remains unsung-il modo sublime è stato abbandonato. La sua componente tecnicamen8

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==