Il piccolo Hans - anno XV - n. 58 - estate 1988

precipitando dall'alto degli ascendenti, per divenire voce del poeta, determina quell'idea funambolica della condizione d'enunciazione in cui viene a trovarsi la moderna poesia. Come per un peso che deve prendere la voce, tutta la situazione d'enunciazione cade dall'alto in un inferno chiuso di cui il testo misura l'insopportabile tensione. Il primo livello di tensione e di rottura strutturalmente interno al luogo dell'enunciazione assunto è indicato da Jakobson, a proposito dell'analisi di Poe del «Raven», come tensione fra l'«io» (moi) del poeta e l'«io» Ue) del narratore della finzione. Questa osservazione era letteralmente anticipata da Hopkins in The Principle or Foundation, nel brano già citato che per chiarezza ripetiamo. Quando io contemplo il mio proprio essere, la coscienza e il sentimento di me, quel sapore di me, di un io e di un me al di sopra e dentro le cose, qualcosa che è più distintivo del sapore della birra o dell'allume ... nulla può spiegarlo, nulla gli assomiglia, eccetto il fatto che altri uomini provino il medesimo sentimento... indagando la natura io assaporo l'essere, ma in un'unica coppa, quella del mio stesso esserci. Il secondo livello di tensione è dato dal tono monologante del discorso, dalla netta soppressione del polo dell'altro a cui strutturalmente è indirizzato ogni discorso, fosse pure, come in questo caso, un discorso interiore, un monologare solitario. È sempre Jakobson a insistere sul valore intrinseco di dialogo di ogni locuzione. E poiché nei sonetti «terribili» questo è completamente soppresso con una forte esibizione di separatezza ed esclusione del discorso si ha un effetto di dissimmetria, un campo di tensione interna utilizzata dal poeta per l'effetto drammatico, secondo la figurazione del supplice, già considerata. Il terzo livello di tensione interno al luogo d'enunciazio51

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