Il piccolo Hans - anno XV - n. 58 - estate 1988

Il mito si presta a interpretazioni infinite, poiché ammette, a posteriori, l'aggiunta di motivazioni, congetture sulle cause, variazioni psicologiche, letture simboliche o allegoriche.27 Il fatto è compiuto, il testo è scritto: ciò che si deve fare è ripetere l'azione, la scrittura, perché il tipo acquisti senso, perché il mito si rifletta e divenga attivo. Questo è il nucleo metaforico, indicato da Frye, nella retorica tipologica, in opposizione al pensiero causale. Ma il mito diviene attivo, in questa particolare logica, con un vero salto, un cambiamento di mondo, un passaggio di fatto perché la ripetizione non porta con sè il vecchio, ma muta di grado. Il nucleo metaforico di questo passaggio è l'esperienza dello svegliarsi da un sogno, come quando lo Stephen Dedalus di Joyce parla della storia come d'un incubo dal quale egli sta tentando di destarsi.28 Nell'Aiace di Sofocle, nel commento di Starobinski, il momento del risveglio è segnato: l'eroe appena liberato dalla nebbia del delirio rompe con il passato e risvegliandosi è come entrasse in un incubo. Il passaggio è fatale: anche a costo dell'annientamento il risveglio gli ridà coscienza, inaugura la nuova coscienza e con essa la riflessione. Questa riflessione non appartiene più al mito in senso stretto: instaura una dimensione soggettiva, sviluppa una_«profondità», modella un individuo verosimile. E opera del poeta - del poeta docile ai dettami del mito e insieme costretto, per rappresentarlo, a interpretarlo. L'eroe tragico, dal momento in cui appare per la prima volta sulla scena, è il tardivo commentatore del proprio destino compiuto. Aggiunge ali'i47

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