Il piccolo Hans - anno XV - n. 58 - estate 1988

come attante. Vi si può già riconoscere il buco che il volere produce nel linguaggio, attraversandolo. Esso è un effetto linguistico di tale passaggio... L'«i�», sotto questo aspetto, è l'altro del linguaggio. E ciò che la lingua «dimentica» sempre, e ciò che la fa dimenticare al locutore. Dire volo, aprire questo posto del soggetto, è entrare in tale oblio. Il soggetto è l'oblio di ciò che la lingua articola. L'«io» di colpo, ha forma di estasi.14 Abrupt self- l' «io» repentino Lasciando il discorso mistico, portiamo con noi l'apertura di un «posto» dove volere è già potere, e dove l'«io» come lapsus del testo testimonia di un passaggio avvenuto, di un passaggio all'atto di parola con nuova costituzione di «io», di un soggetto parlante dove prima c'era solo un a priori e un inarticolato. In Hopkins noi abbiamo quasi allo stato puro la rappresentazione di questo momento, di questo insopprimibile volo che organizza intorno a sé, al proprio apparire o eclissarsi, le voci distinte dell' «io». Il loro dialogo, fra un'identificazione povera e gesuitica e un'ascesa autopunitiva ai grandi modelli biblici, è mantenuto sullo zoccolo preliminare del misero «io» interiore di cui parla Auerbach. La natura profonda del «sì» hopkinsiano era già stata messa in luce quando avevamo comparato le sue parole con quelle dello Zarathustra e con l'Apocalisse. Qui in apertura, a proposito della prima sezione del «TheWreck of the Deutschland», abbiamo messo in risalto tutta la forza d'urto di quel: -I did say yes. Per Hopkins «niente è più pregnante e calzante con la verità di un semplice sì e è». Abbiamo anche già insistito qui e altrove sull'importanza di una controvoce che squilla come una tromba del 37

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