Il piccolo Hans - anno XV - n. 58 - estate 1988

il tiranno che ha davanti a sé il grande libro aperto, e leggendo le lamentazioni dei profeti mostra la Bibbia al- . l'oppresso che ha vegliato insonne, al peccatore nella sua lotta impari con il Dio feroce, al poeta che è chiamato a riferirne dalla sua posizione che mai gli è parsa tanto infima. Alla fine quest'Oscuro Interprete rivela dietro al soggetto estemporaneo, povero e nevrotico, che dorme e non riesce a compiere nulla, un soggetto aurorale che ha ancora un piede nell'Eden, ma che da quando ne è stato scacciato non ha mai più vissuto che fragilità e inconsistenza, con la sua radicale domanda di esistere è il soggetto che se potesse sarebbe davanti a Dio, è quell'«io» che se potesse parlerebbe dell'esperienza di ciò che non può essere detto dalla lingua. È precisamente il soggetto della parola prima che- per dirla con Barthes-il rettore o il gesuita non facciano intervenire la loro tecnica e non gli diano una lingua. E' il soggetto che corre il massimo rischio di quel nulla di fondo (Barthes dice: nulla da dire, da pensare, da immaginare, da sentire, da credere) che contraddistingue il soggetto della parola. È questa la prova decisiva, la rivelazione oscura: la presenza di un soggetto che deve essere chiamato. È come una scaglietta, una rara manifestazione di soggetto preso in quanto puro volere la parola, in un assoluto vuoto per ciò che deve essere detto, e ciò che permetterebbe di dirlo. È un «io» non garantito né verso l'istituzione linguistica, né verso la pratica sociale. È un piccolo «io» crucciale che dicendo solo «voglio» nella maniera più disarmata si pone davanti alla parola in un luogo comune al poeta e al mistico. Un luogo definito dal rapporto all'istituzione, che qui è un rapporto inesistente. Ad entrambi, al poeta e al mistico, la sola autorizzazione viene «dall'essere il luogo di questa enunciazione ispirata», in cui «l'autore, privo della legittimità che gli varrebbe uno statuto sociale 34

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