lontariamente al desiderio di bere, l'alcolista non può guarire. La sua relazione con l'«altro» (il mondo che lo perseguita, lo tenta, lo induce a bere) resta di tipo simmetrico, relazione classica della competizione in tutte le sue forme (aggressione, guerra, concorrenza, ecc.). La possibilità della guarigione nasce nel momento in cui l'alcolizzato si riconosce sconfitto: l'esperienza della sconfitta non serve solo a convicerlo che un cambiamento si impone, essa «è il primo passo del cambiamento», il crollo del mito dell'autocontrollo. Riconoscere la propria sconfitta significa cominciare a capire che «c'è un Potere più grande dell'io», che l'«altro» non può essere sconfitto, per il semplice motivo che si tratta di un sistema più ampio, che si ha a che fare con un livello di tipo logico più elevato, che, in ogni caso, l'io si trova in una relazione che lo connota come «parte di», come «falsa reificazione di una parte impropriamente delimitata» di un «assai più vasto campo di processi interconnessi». La «conversione» consiste nella trasformazione del modo della relazione: da simmetrica a complementare, dalla lotta al riconoscimento del Potere di Dio, di quel sistema che è «Dio come tu intendi che sia» (nell'occasione il desiderio di bere). Dalla conversione nasce un più ampio sapere, la possibilità (non la certezza!) di mettere al lavoro i processi omeostatici del sistema piuttosto che l'intenzionalità dell'io per uscire da una determinata situazione. Nasce la speranza della grazia: «Resistendo a questo Potere gli uomini... si attirano addosso il disastro. La filosofia materialistica, che vede l"uomo' ergersi contro l'ambiente, sta rapidamente crollando a mano a mano che l'uomo tecnologico diviene sempre più capace di opporsi ai sistemi più grandi. Ogni battaglia da lui vinta porta una minaccia di disastro. L'unità di sopravvivenza (sia nell'etica sia nell'evoluzione) non è l'organismo o la specie, ma il più ampio sistema o 'potere' in cui la creatura vive: se la creatu183
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