Il piccolo Hans - anno XV - n. 58 - estate 1988

mare lascia loro a disposizione. Due storie parallele e spiegabili entrambe senza contraddizioni (almeno apparenti) con l'ipotesi del diluvio universale. Gran parte dei naturalisti svedesi, tra cui Kilian Stobaeus (1690 - 1742) ed Emanuel Swedenborg (1688 - 1772), accettano l'ipotesi di una totale sommersione della crosta terrestre sotto le acque diluviali. Tutte le terre emerse, secondo Swedenborg, sono state in precedenza fondi marini4 • Le «prove» del diluvio universale, quelle che i naturalisti di tutta Europa stanno cercando, sono molte e-almeno in Svezia-molto marcate sulla superficie delle terre in emersione. Innanzitutto i fossili, di cui Swedenborg ricorda le collezioni di Bromell, Hesselius e Roberg5 • Poi la forma e il tipo dei colli; gli strati che li compongono; le catene dei monti, in parte di arena e di sàssi; la rotondità stessa dei sassi, effetto del trascinamento cui sono andati soggetti da parte delle acque diluviali6 • Inoltre, nella Botnia occidentale, alcuni villaggi costieri hanno perduto, nell'arco dell'ultimo secolo, i loro porti e la zona di mare prospiciente è diventata terra abitabile7. Anche in conseguenza di queste osservazioni, Swedenborg accetta l'ipotesi che le modificazioni che la crosta terrestre ha subito «[ ...] contingere potuere in diluvio, sed an non omnia in annuo illo et Noachico [ ... ]»8 , il quale peraltro, ed è questa la tesi che Swedenborg intende dimostrare, ha agito sulla parte più settentrionale del globo con maggiore virulenza che altrove. Stobaeus, invece, che crede nei fossili come documento dell'universalità e delle catastrofica violenza del diluvio9 , ritiene che la crosta terrestre originaria «[...] disruptam, submersam [ ... ] huc et illuc exagitatam atque innumeris modis immutatam [ ... ]» abbia assunto solo in quell'occasione il suo attuale assetto. Durante il diluvio universale, d'altronde mai smentito, si sono depositate tutte le rocce 134

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