Il piccolo Hans - anno XV - n. 58 - estate 1988

Il reale è, in partenza, l'insieme dei dati che ci circondano, ci conducono, magari ci opprimono - è ciò che si direbbe meglio la realtà. Ma il :reale, nel rapporto con il simbolico e l'immaginario, è ben altro: lo scenario sbarrato in cui si è tuttavia immersi, come chiosa Robert Georgin «ciò che manca», «l'inconcepibile», «il non-simbolizzato». Lacan dice speditamente: «l'impossibile». A meno che non se ne stacchi un frammento attraverso l'articolazione di un linguaggio. Ciò che «compare nel reale», compare come unica possibilità nel reale (ipotetico) della pagina. La sera può passare, cedere al giorno; il mare calmare le sue onde. Ma un essere di parola ne è uscito, se ne è staccato. Il sublime è poco sublime, nel senso un po' vieto e misticheggiante di una ineffabilità, non-dicibilità, «ciò che sentiamo ma non riusciamo ad esprimere...», proprio perché viene tentato senza fine nel gioco fra soggetto e linguaggio. «Tentare», peraltro, è un verbo non della metafisica ma dell'esperienza operativa.. Giuliano Gramigna 105

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==