Il piccolo Hans - anno XV - n. 58 - estate 1988

nato quel carattere di inatteso che viene a riempire un'aspettativa, che ho creduto di individuare un po' confusamente nel sublime. Uno scritto freudiano del 1936, di cui non mi sembra si sia sempre rilevato lo spessore di stimoli e suggerimenti, vale a dire la lettera aperta a Rolland «Un disturbo della memoria sull'Acropoli», sia pure con qualche arbitrio può essere chiamato nel circuito del nostro argomento. Freud visita col fratello l'Acropoli, meta desiderata e giudicata per anni irraggiungibile, e ne prova una fitta improvvisa di estraneazione. L'Acropoli, si sa, fra tutti i monumenti antichi, è quello che si lega per eccellenza con l'idea del sublime. Ma il sublime qui viene, se non respinto, deformato nel suo godimento dalla pietà filiale. L'episodio riporta, con un certo détour, all'intreccio fra immaginario, soggetto, parola cui accennavo, e dunque dentro il modo di essere dell'inconscio. È in questa direzione che Harold Bloom ha disegnato la sua nozione di sublime letterario come sublime negativo, come «modo in cui il poeta, che esprime pensieri, desideri, emozioni precedentementi rimossi è in grado di continuare a difendersi contro l'immagine da lui stesso creata sconfessandola, una difesa derivante dall'innominarla anziché dal nominarla ... ». «L'io e il poeta» continua Bloom «procedono entrambi per una sorta di miscostruzione, un processo difensivo che Lacan chiama méconaissance in psicoanalisi, e che io ho chiamato misprision nello studio sull'influenza poetica.» Il breve viaggio a braccetto con Bloom, alrp.eno per la materia, si ferma qui- restando abbastanza prezioso nella brevità. Per esempio, nell'accenno all'«immagine creata» del poeta, quel creata può risultare ancora meccanicistico ed esterno, se indichi il momento, su cui s'è fatto tanto per mettere l'accento, della pronuncia che è insieme costituzione di un soggetto e suo accoglimento, soggetto 103

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==