Il piccolo Hans - anno XV - n. 58 - estate 1988

na attenzione a un arcobaleno. Per il soggetto parlante, tale iridescenza non diversa da numerose altre che offre la natura, diventa una presenza, un soggetto nel reale, nel momento in cui il parlare la nomina- la nomina appunto arcobaleno. C'è un altro arcobaleno che può metter bocca, pensò non abusivamente, nel mio discorso: l'arcobaleno di Benjamin. Questo arcobaleno, come si sa, ha a che f are con i colori, con la pittura, con il guardare, con la fantasia: ma soprattutto, sia pure contraddittoriamente, con le forme. «L'arcobaleno. Guardalo bene, è solo colore, in lui nulla è forma. È il simbolo del canone ... È veramente l'archetipo dell'arte in quanto vive nella fantasia... » Ma il passaggio della contemplazione del canone nella f antasia all'opera è l'assunzione di una forma- ossia di una nominazione. Questo è l'arcobaleno. Prendo le decalcomanie, cui accenna Benjamin nel pezzo citato. Non so se le decalcomanie esistano ancora nella forma abbastanza rudimentale, ma felicitante, della mia infanzia. Si applicavano sul foglio bianco dopo averle inumidite con cura; con altrettanta cura, dopo un i;-agionevole intervallo, si doveva sollevare la pellicola, che aveva depositato sul foglio il suo tesoro di colori vividi, infusi di non so che stillante splendore preternaturale. L'impazienza o l'inabilità della mano.nel massaggiare il foglio e soprattutto nel rimuoverlo, poteva provocare il disastro: scaglie finissime di colore si staccavano dalla pagina bianca oppure si laceravano appiccicandosi alle dita o ancora scolavano miseramente in macchie e aloni. Le tessere colorate lasciate sul fondo bianco dopo una performance abile, hanno qualche analogia, nel loro procedere ossia nel loro «muovere verso», con quanto ho cercato di dire circa la comparsa di un significante. Qualche cosa emerge nel reale, che significa. E che cosa significa? 100

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