Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

Forme della natura e del soggetto: la "nevrosi di guerra in tempo di pace" e una teoria psicoanalitica dei colori Questa idea di una continuità, di una identità delle forme della natura e del soggetto mi viene da due fonti. Studiando Darwin mi sono accorto che nel flusso di Variazione, nella trasmutazione delle specie, qualcosa resta immutato, qualcosa accompagna Darwin dal principio alla fine, dai primi abbozzi dell'Origin all'ultimo libro sui lombrichi, qualcosa da cui l'autore si ritrae, come provano i passi da lui soppressi dalle prime edizioni dell'Origin, e che d'altronde continuamente ritrova, riproduce. Tutta l'opera di Darwin scaturisce, come direbbe Lacan, da una «copulazione di significanti». Per due generazioni la D di Darwin si era accoppiata con la W di Wedgwood. Questa ripetizione turbò talmente il nipote di Erasmus Darwin da farlo esitare a lungo davanti all'idea del matrimonio. Ma infine anch'egli si unì alla sua Wedgwood nella persona della cugina Emma. Due brani rendono tuttavia l'idea del «peso» di questo destino coniugale: quello che recita «mille cunei (Wedges) eromperanno» a lacerare la superficie del mondo, e l'altro: «il volto della natura è simile a una superficie percossa da diecimila cunei aguzzi ecc...». È quasi un movimento di stantuffo, un va e vieni, un ciuff-ciuff di spaven7

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