Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

1. La scala: continuità, progressione, gerarchia La prima immagine della natura fu quella scalare, suggerita fin dall'Antichità (si vedano, per esempio, alcuni Dialoghi platonici). La scala venne pensata proprio come tale (costituita da vari gradini) e si configurò come qualcosa più di un modello naturalistico in senso stretto. Ne sono ancora testimonianza le scale di Ramòn Llull e di Charles de Bovelles. La «scala del creato» di Lullo (1304) è in ascesa, è continua e graduale, progressiva e gerarchica (come tuttte le scale, fin verso il 1770) ma si prolunga in scala metafisica (sopra l'uomo contempla gli angeli; si conclude con Dio) e ha anche una precisa funzione gnoseologica: oltre agli oggetti indica anche i campi della conoscenza e, mediante questi, le tappe dell'ascesi. Già la «scala delle cose materiali» di Bovillo (1509) non si prolunga più in scala metafisica (si conclude con l'uomo), ma conserva la funzione gnoseologica: essa corrisponde a una scala di prestazioni intellettuali e morali, dal grado zero dell'accidioso - che semplicemente è - a quello massimo del virtuoso - che intende - rappresentato dal letterato. Ciò testimonia la permanenza di interessi che potevano costringere la natura entro schemi prestabiliti e artificiosi. Sono interessi che ritroveremo ancora, per esempio, enfatizzati nell'Essay concerning human understanding di John Locke (1690). Contribuiti all'immagine della natura fisica vengono forniti da Edward Wotton nel 1552, Conrad Gesner nel 1558, Andrea Cesalpino nel 1583, Juan Eusebio Nieremberg nel 1635, Thomas Sprat nel 1667, Nehemiah Grew nel 1672, ma la prima scala che rinuncia a qualsiasi dimensione supra- o extranaturale (metafisico-teologica o gnoseologica-morale) è quella descritta verbalmente da Gottfried Wilhelm Leibniz, in vari scritti (1687-1707). Il 201

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