Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

· quindi erano veri e propri miracoli. Anche le creazioni successive erano una violazione dell'uniformità della natura, e dunque assurde. Non si finiva col ricadere nella volgare e perversa concezione degli Indù «secondo cui Dio crea e distrugge un mondo dopo l'altro, come per divertimento»? E non era ridicolo credere che Dio distruggesse le specie per sostituirle con forme solo di poco diverse? (Bugg 1826, II, pp. 318-319). L'unica soluzione (Bugg non andava tanto per il sottile) era negare l'estinzione. Abbiamo qui - è curioso notarlo - un teologo conservatore che mostra l'incoerenza di quella dottrina delle creazioni successive che pure era frutto di un accomodamento dei progressi della paleontologia alle esigenze della teologia naturale! A ragione Bugg faceva notare che Cuvier non parlava affatto di nuove creazioni dopo le catastrofi, ma si limitava a supporre che specie provenienti da regioni vicine occupassero le zone spopolate dai cataclismi. La difficoltà, però, restava, perché questi organismi non erano affatto nuovi, ma antichi quanto gli altri: allora tutta la concezione di una successione di forme sulla terra crollava miseramente. Né si poteva ammettere l'ipotesi che i nuovi organismi derivassero dai precedenti: è un'«idea atea», ma proprio a questa conduce la nozione cuvieriana di una successione progressiva dai litofiti all'uomo (ibid., p. 317). È questa successione l'idea sbagliata: non ci sono razze antiche e razze recenti; tutti gli animali sono contemporanei: quando in Siberia c'era il mammut, l'elefante attuale abitava il Bengala (ibid., p. 321). Le specie fossili, «salvo pochissime eccezioni», esistono tuttora. Le attuali sono solo varietà (non specie!) derivate da forme antidiluviane della stessa specie (ibid., p. 284). Sbagliano, infatti, Cuvier e tutti quelli che attribuiscono alla specie caratteri morfologici rigidi e invariabili: una certa variabilità, invece, esiste, anche se, ben inteso, non oltrepassa i confini della specie, fissati da Dio ab initio. 162

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