Il piccolo Hans - anno XV - n. 57 - primavera 1988

sotto o vicino alla sua: uno, Lothar Schreyer, udiva un passo leggero, appena strisciante e morbido, muoversi di continuo nella stanza superiore; l'altro, Georg Muche, avvertiva venir dallo studio vicino un rumore strano, come se qualcuno battesse il piede in cadenza. Klee andava dal tavolo, su cui stavano i colori, gli utensili, le carte, le tele e gli altri materiali della pittura, ad uno dei cavalletti su cui posavano i diversi quadri che egli dipingeva nello stesso tempo, in un va e vieni lieve, volante, instancabile; a volte d'improvviso, s'arrestava e cominciava a danzare: un solo ritmo governava allora la musica che risuonava nella sua memoria, il passo che batteva il pavimento e le linee che si intrecciavano sulla tela. Poiché era anche un musicista; primo violino in un quintetto, suonava Mozart, Schubert. In un saggio dei più utili e meno citati tra quelli da lui scritti, Vie allo studio della natura, Klee indica le «vie che pongono l'io e l'oggetto in un rapporto di risonanza che trascende i fenomeni ottici. In primo luogo, la via non ottica della comune radice terrestre che dal basso sale all'occhio dell'io; in secondo luogo la via, del pari non ottica, della comunanza cosmica, che proviene dall'alto: vie che congiuntamente sono metafisiche». Ma nel saggio successivo, Esperienze esatte nel campo dell'arte, afferma che seguendo la ricerca esatta «s'impara a vedere dietro la facciata, ad afferrare le cose alla radice; s'impara a riconoscere la legge che scorre al di sotto, s'apprende la preistoria del visibile, s'impara a scavare in profondità, a mettere a nudo, s'impara a motivare, ad analizzare». Tutte vie e conoscenze che Klee ha percorso nella sua opera, sottostando però contemporaneamente, ed in opposizione, ad un'altra legge, la più bella che un artista del Novecento abbia formulato e seguito: «Ognuno deve muoversi nella direzione segnata dai battiti del suo cuore». 103

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