Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

scelta di non imporsi su Pil"fo (350-51), che contraddice la sua qualifica di comandante supremo dei greci, si configura, più che quale atto di coerente tolleranza, come l'esito obbligato dell'incapacità di Agamennone di evitare la notte dell'eccidio. L'originale dinamica che Seneca imprime all'azione teatrale, che lo portà a distanziarsi sensibilmente dalle soluzioni euripidee, non invalida la sostanziale adesione di Seneca all'assunto che Euripide aveva formulato, nelle Troiane, nella privilegiata sede del prologo: con una scelta che è parsa talora sorprendente, la tragedia si apriva con un monologo di Posidone (1-47), e poi con un dialogo fra Posidone e Atena (48-97). Le due divinità, nella scena, si trovavano concordi nel commiserare i Troiani, colpiti duramente con la distruzione della città; Atena, in particolare, manifestava irritazione nei confronti dei Greci, che fino ad allora aveva protetto, e si riprometteva di favorire, per il futuro, i Troiani (65). Il prologo di Seneca è meno distante da quello euripideo di quanto non sia talora sembrato alla critica17 . Seneca scarta la soluzione di mettere in scena delle divinità; il monologo di Ecuba, però, presuppone il prologo euripideo, con una serie di rinvii e di allusioni lessicali e soprattutto con la ripresa del motivo suggerito dal dialogo fra Posidone e Atena, quello della variabilità della fortuna e della caducità del potere. Si tratta, peraltro, di un Leitmotiv della tragedia euripidea, che trova riscontro, per es., nella profezia di Cassandra sul destino che attende Agamennone ed Ulisse al ritorno dalla guerra di Troia (Troiane 353A05; -424-42). Nelle Troiane di Seneca il topos della caducità dei regni è formulato da Ecuba fin dalle prime battute, «la Fortuna non diede mai una prova più grande di quanto siano fragili le basi su cui poggiano i superbi» (4-6: l'enfatizzazione della trascorsa potenza di Troia, columen Asiae, 6-7, illustra precisamente questo concetto), ed è ripreso, in seguito, anche da Agamennone, «quanto più la sorte innal97

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