dre, anche lui sfigurato dalla violenza del nemico (1117). Nascondendo Astianatte nel sepolcro di Ettore, Andromaca si affida, in qualche modo, all'eroe troiano; e quest'ultimo, da parte sua, combatte una battaglia, dall'oltretomba, che è parallela a quella di Achille, sanzionata anche dalla sua apparizione, nel sogno di Andromaca, che è del tutto parallela a quella di Achille narrata da Taltibio. L'Andromaca di Seneca riproduce, più che l'Andromaca euripidea, quella di Virgilio, che nel terzo libro dell'Eneide è sorpresa da Enea mentre onora la memoria di Ettore (301-05), e che vede nel puer Ascanio l'immagine di Astianatte (486-91). Più in generale la riproposizione della vicenda iliadica da parte di Seneca presuppone la familiarità del pubblico con il mito eneadico, e l'immagine della rinascita della potenza troiana in Roma, e della rivincita dei discendenti di Enea sulla capta Graecia. La forte suggestione virgiliana, in particolare, condiziona in misura notevole le figure senecane di Andromaca e di Astianatte, e determina l'inversione per cui in Seneca è Andromaca·a svolgere il ruolo di personaggio attivo e creativo, diversamente dalla tragedia euripidea, nella quale è indubbiamente Ecuba a configurarsi, anche su questo piano, quale protagonista. Il confronto fra Ulisse ed Andromaca, nel terzo atto, è la parte in cui Seneca maggiormente si allontana, in modo originale, dalla versione euripidea della vicenda delle Troiane. Le ipotesi, che sono state talora formulate, sulla possibile utilizzazione, da parte di Seneca, di una tragedia greca posteuripidea o di una tragedia latina di autore arcaico, non modificano, per quel che ci interessa, i termini del confronto fra Euripide e Seneca. Si può ammettere, tutt'al più, che lo spunto sia stato offerto a Seneca dallo stratagemma clie Andromaca escogita, nell'Andromaca euripidea, per salvare se stessa ed il figlio Molosso dalle minacce di Menelao; in questo caso Andromaca, da tempo a Ftia schiava di Pirro, si rifugia nel tempio di 92
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