sto tipo di bellum Cicerone contrappone il bellum iustum, quello che aveva consentito ai Romani, prima della degenerazione delle guerre civili, di conquistare, più che I'imperium, il patrocinium del mondo (cfr. De officiis 2,2627)4. In qualche caso Seneca sembra riecheggiare l'idea ciceroniana del furor: per es. per l'immagine della bellorum civilium insania, nel De beneficiis 1,10,2. Ma cfr. anche la ripresa della polemica stoica sull'utilità dell'ira nella conduzione delle guerre: per la scuola aristotelica essa costituirebbe un fattore positivo, sul piano militare (ma l'ira doveva interessare, ovviamente, i soldati e non i comandanti); per Seneca, coerentemente con l'impostazione stoica, «l'ira non ha in sé nulla di utile, e non sprona l'animo alle imprese guerresche» (De ira 1,9,1). Quest'affermazione sembrerebbe postulare che Seneca auspicasse un bellum condotto senza l'intervento dell'ira e, a maggior ragione, del furor, in considerazione del fatto che l'ira non sarebbe altro che una pazzia di breve durata (cfr. De ira 1,1,2). In altri luoghi, però, Seneca sembra considerare la propensione alla guerra imprescindibile dal furor, e quindi la guerra stessa non distinguibile dalle sue conseguenze più esiziali e distruttive: nelle Lettere a Lucilio, in questo senso, la guerra è assimilata senz'altro all'assassinio, «ciò che è proibito dal diritto privato, diventa un dovere se è imposto dallo stato» (95,30); nelle Questioni naturali l'impulso che spinge l'uomo alla guerra è definito quale furor, insania, dementia (e va rilevato, in relazione alle Troiane, che l'immagine degli eserciti che sfidano il mare e le tempeste per portare guerra agli altri popoli sembra alludere precisamente alle traversie che incolsero i Greci reduci da Troia, cfr. 5,18,4-12). La figura di Pirro, nel secondo atto delle Troiane, riflette evidentemente il concetto di furor bellico che Seneca espone nei luoghi citati. Oltre alla fisiognomia attribuita al personaggio, appare significativa l'osservazione di 83
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