Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

de pallido! ' - mentre da un momento all'altro si può rimanere uccisi .. ». Quel «è magnifico, che bel rosa! etc» costituisce, per dir così, il grido d'agonia, d'estinzione che Proust fa emettere alla metafora. Malgrado le apparenze, d'ora in poi non potrà più agire, non potrà più riconnettere nulla. Le diverse facce di Parigi, directoire, notturna, orientale, infernale eccetera, per fare un esempio, non delineano un processo metaforico ossia di riordino del mondo secondo una certa scala - magari poetica - ma abrupte irruzioni del reale, frammenti di reale che occupano uno spazio non più simbolizzabile - mancano di un senso che non sia il nudo star-lì. Ciò che si chiama convenzionalmente il trauma della guerra, il récit proustiano lo trascrive con perfetta coerenza, insieme letteraria e psichica, secondo una grammatica specifica, e non affidandosi solo ai significati immediati, umani, emotivi, che implica d'ordinario il termine «guerra». La croce, il taglio, la r Credo che sotto questa curvatura vada letto, come tema e sua figurazione, tutto l'episodio del bordello di Jupien, la funzione di Charlus, dei suoi «plaisirs et opinions», dell'interminabile bavardage notturno. Ciò che in proposito si direbbe abiezione, oltraggio, crudezza, ha un nome preciso: emergere del reale - dico nella sua natura di reale tout court. Qui, per forza, ci si imbatte nell'oggetto cui ho già accennato, che attraversa la sequenza: la croix de guerre di Robert de Saint-Loup. Essa viene ritrovata dai frequentatori del bordello (originando una vera e propria esaltazjone, in quelle bocche, dello spirito di sacrificio dei «signori ufficiali») ed è stata 74

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