Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

Appaiono pezzi di reale Pompei/Sodoma entra, con ottime ragioni, nel dominio del barone di Charlus, l'altro, e maggiore pilastro, della struttura del récit Parigi 1916. Segno del fuoco, dell'incenerimento reale e figurato, ma pure segno opposto, di delicata e crudele algidità: il chiaro di luna, che finiva di connettere Parigi a Doncières, secondo una figura di «vigilance arnie», di riconoscenza e di calma - sempre legata a emozioni di vita militare. Proprio il processo di decomposizione/ricomposizione che la guerra fa subire a Parigi, aiuta a nominare la diversità del blocco narrativo del Temps retrouvé fin qui analizzato, rispetto ai caratteri che ho creduto di fissare per le sequenze di Doncières. Tale diversità riguarda la rottura del rapporto fra reale, simbolico e immaginario. Il nodo che li connetteva si è sciolto. È la guerra il punto della frattura, dove il nodo viene meno - per dire meglio: è l'etichetta che il lettore è costretto ad appuntare sul fenomeno irrecusabile della dissoluzione. Si è parlato, a proposito di Doncières, di un'attività metaforica che assicurava il passaggio, ossia la continuità, fra reale e simbolico. La guerra in atto, come fare, rende inattuabile tale processo in queste pagine del Temps retrouvé. Come nel nodo borromeo, una sola interruzione libera tutti gli anelli. La mediazione metaforica perde la sua funzione costruttrice e riparatrice. Se ne può cogliere una spia verbale, una sorta di lapsus, nel brano in cui Saint-Loup parla al Narratore di una incursione di Zeppelin la notte prima, «ma come m'avrebbe parlato, in passato, di qualche spettacolo di straordinaria bellezza estetica. Al fronte, ancora ancora, si può capire come ci possa essere una specie di civetteria nel dire: 'È magnifico, che bel rosa! e quel ver73

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