Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

tagli. Ma qualcosa, anche se inavvertito, perché inavvertito, è passato e già prepara le ripetizioni successive. «Oh, quei giovani con lo zaino, con la baionetta, con i mantelli e le scarpe lordi di fango e di sudore! Ma ecco là un nostro amico, ecco Giovanni Castorp... Ecco, egli calpesta la mano di un compagno caduto, calpesta quella mano con le sue scarpe chiodate, la sprofonda nel terreno fangoso coperto di rami spaccati. Eppure è lui. Ma come? Canta! Come si canta per via, senza saperlo, con gli occhi fissi nel vuoto, così egli adopera il suo fiato mozzo per modulare a mezza voce: V'ho spesso un nome inciso il nome del mio cor. » Liberarsi dalla nevrosi attraverso il trauma è la tentazione perenne del nevrotico, ma la liberazione non è che di un istante. Gli occhi fissi nel vuoto sono quelli del traumatizzato, i cui «momenti di essere» non lo salvano, come anche l'eroe di Virginia Woolf, da una guerra passata. Che cosa dice zio Tobia della guerra? Alzatosi dal letto e · trasportata dalle coperte fino a in fondo all'orto la costruzione accurata che rappresenta il luogo «dove è stato ferito» anni prima in battaglia, l'abbiamo visto predisporre fortificazioni e trincee come se la rappresentazione valesse a impedire, nella ripetizione, che la ferita ci sia stata. Egli, mostrandoci con la doppia valenza del «dove», la collocazione della ferita sul corpo e il luogo circostante dove il fatto avvenne, la natura del luogo della fobia di cui ci dà una visualizzazione in fondo all'orto, quel luogo all'inizio della storia psichica del soggetto che funziona come rappresentazione esterna dell'apparato psichico (due adiacenze, un interno spesso e un esterno, attraversati dalla barriera «molle»), una mappa, il terreno circostante, e insieme il 7

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