Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

dei tedeschi, di realizzare i loro propositi senza guardare in faccia nulla e nessuno, ed è questa una cosa che mai sarebbe dovuta accadere.» Il fallimento del trattamento elettrico dei nevrotici di guerra non chiuse tuttavia la questione: se è vero che i traumi bellici possono provocare, diciamo così, lesioni psichiche, come escludere che fra i malati si nasconda anche qualche simulatore, desideroso di evitare i pericoli del fronte? Il problema diventerà dunque di selezione e la psicoanalisi vi sarà nuovamente immischiata nei centri inglesi di «rieducazione» psichiatrica al combattimento guidati da Bion e visitati, a guerra finita, da Lacan che scriveva uno studio sulla «forma logica del sospetto». E una seconda volta, con i dullards inglesi, la nevrosi di guerra si sottrasse all'indagine psicoanalitica. L'atteggiamento di Freud è complesso da definire: egli denuncia la crudeltà dei medici e difende i malati con argomenti, fra l'altro, da «pacifista», sottolineando che «la paura di perdere la vita, l'opposizione all'ordine di uccidere altra gente, la ribellione contro i superiori che reprimono indiscriminatamente la loro personalità», sono fonti affettive valide a spiegare, e giustificare, «la tendenza dei soldati a sfuggire la guerra». Simulazione e crudeltà rispuntano però sul terreno stesso della psicoanalisi sia pure scambiandosi di posto: così Freud prende su di sé un pizzico della crudeltà tedesca nel consigliare lo psicoanalista a non deflettere dall'imporre delle privazioni a un paziente che si sia accomodato in soddisfacimenti sostitutivi a quelli assicuratigli dal compromesso nevrotico; d'altro canto smaschera il pittore dalla nevrosi demoniaca mostrandolo intento a manipolare allegramente ben due patti col diavolo pur di assicurarsi pane e tranquillità. Ma da questa mistura di simulazione e crudeltà scaturisce infine quella lucidissima definizione della nevrosi come una «buffoneria che si sovrappone alla lotta per la sopravvivenza»19 che faccio · 25

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