Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

l'ultimo conflitto mondiale -, quando a ogni rombo di guerra, come il bombardamento americano in Libia, o persino a ogni scoppio, esiguo come quello di un petardo maneggiato incautamente da un bambino, è un trombo, un'ectasia, una seria infiammazione, una insospettata anemia, che in corso di analisi la colpisce al modo e con gli effetti, di urti e di crepe, di perdite e di fuoco, con cui le bombe martellarono la città da cui, piccolissima, fu fatta fuggire. E si tratta, si badi bene, di scoppi di una guerra da cui decine d'anni ci separano ormai. Una guerra di cui nessuno, certamente, che l'abbia combattuta, o anche solo vissuta in età di ragione, porta più i segni di choc, giacché come disse Freud, «con la fine della guerra scomparvero anche i nevrotici di guerra,»9 Senonché la guerra continua ad agire a tutti i livelli della sua complicata e varia drammaturgia.· Abbiamo visto come «scoppio». Ma la guerra è anche mutazione di fortune, contrazione di un debito per i superprofitti realizzati o di crediti per le distruzioni subite. La guerra mette in moto una tettonica a zolle che scioglie gli imperi, strappa e annette territori agli stati, determina contrazioni e dilatazioni di potere e ricchezza, effetti, «conseguenze economiche della pace», per dirla con Keynes, che portarono anche Freud a concepire un apparato psichico conformato in modo da rispecchiare questi mescolamenti e combinazioni. È impossibile sopravvalutare l'importanza per un'analisi, di una pratica per «danni di guerra» (o viceversa di strascichi fiscali) che, a causa di lentezze burocratiche, si protrae tuttora. Si riflette in queste lungaggini, la continuità con cui, le propaggini, di fronte a ciò, discendenti che la guerra ha risparmiato, nati negli anni '50 o nei primi '60, amministrano a loro volta un'eredità che li riconduce, come i trattati di Parigi dopo la prima guerra mondiale, dalla guerra alla guerra. Tentano per arricchirsi le 19

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