Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

con la sua ambiguità di fondo, senza contare ovviamente i suoi indiscutibili meriti di confezione spettacolare. Tragedia e commedia, denuncia contro la guerra e omaggio agli uomini che la fanno, il film ha coerenza di fatti, non di temi. Si direbbe che Lean sia piuttosto indifferente al discorso polemico, esplicito nel romanzo di Robert Boulle, sulla sottigliezza del confine tra sublime e assurdo, tra eroismo e idiozia, e teso a mostrare come il senso dell'onore, dogmaticamente inteso come assoluto, possa diventare antipatriottico e come una certa forma di coraggio sconfini nel tradimento. La preoccupazione di elaborare sapientemente la superficie del quadro gli impedisce di lavorare in profondità. Ancor più ampie riserve merita I giovani leoni (1958) di Dmytryck, ispirato a un vasto e limaccioso affresco romanzesco a vite parallele di Irvin Shaw. Pur tra reticenze e ambiguità, con stridenti alti e bassi di resa narrativa, sempre in bilico sul melodramma più bieco, il film riesce a dire qualcosa: l'orrore della guerra, la condanna del nazismo, la denuncia dei suoi contagi nei corpi delle democrazie, la necessità della fiducia nell'uomo e nel suo avvenire. La guerra dentro di noi - Se Men inWar è un film sui dettagli della guerra, come dice il suo regista, cioè la guerra rappresentata «a filo d'erba» come la fa il fante, in Vittoria amara (1957) Nicholas Ray vuole raccontare, come nel suo crogiuolo «cadono le maschere», rivelando l'essere sotto l'apparire. Per RaoulWalsh, come per tanti altri registi americani, quel che conta è il «modo» della guerra, vissuta come un'avventura obbligata, ma da affrontare e da superare. Oppure, come vogliono l'etica e la poetica di Howard Hawks, un mestiere da svolgere con efficienza, da professionisti. È la guerra descritta dall'interno come se fosse, pur nella sua patologica eccezionalità, una con189

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