Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

dello stato, in Hegel assume il ruolo subalterno di funzione produttrice della ricchezza. La guerra in quanto pertiene alla vita statuale e al comando del principe (e va sottolinea_ta la relazione tra stato e principe), non è un male assoluto, come penserebbe «la conoscenza del popolo», e non è nemmeno riconducibile alle passioni dei detentori del potere come avevano detto Rousseau, Voltaire, d'Holbach. Le passioni muovono gli individui e il mondo, ma esse sono al servizio di una vicenda superiore. Anzi nella guerra il finito dell'esistenza viene veramente veduto nella sua accidentalità, e la lontananza delle cose finite segna l'appartenenza a una storia ideale. Il dovere chiama al rischio della vita tutti i cittadini, ma a un ceto particolare è assegnato il dovere morire per l'idealità dello stato, «il ceto del valore militare». Questa è una virtù solo formale, realizza un compito oggettivo derivato dalla sovranità dello stato, e non ha nulla a che vedere con le motivazioni particolari del Sé. È altrove dal Sé particolare il senso del proprio fare e della propria morte. Anche l'aggressione è formale, e i contendenti si riconoscono come soggetti a medesimi doveri. La guerra è uno scontro di simboli e, come nel Seicento, non è diretta contro cose e proprietà, ed è regolata dal diritto internazionale. Ogni contendente in campo rappresenta una sovranità e per colpire la sovranità nemica occorre colpire la sua esteriorità, la forma vivente in cui si manifesta, cioè il corpo dei soldati. E l'arma da fuoco che colpisce di lontano una divisa senza alcun scontro diretto e senza confronti personali, realizza l'aspetto astratto della guerra moderna. Al progetto kantiano vale una critica da parte di Hegel che è la medesima, espressa in altro linguaggio, che Rousseau aveva mosso a Bernardin de Saint Pierre: gli stati sono volontà per essenza confl.iggenti, ed è solo un vano escamotage intellettuale a proporre un modello di pace attraverso iJ ricorso alla convenienza e al calcolo. Questa 167

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