Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

guerra come sua appartenenza, ritorna nella filosofia di Hegel che si propone di cancellare come velleità dell'intelletto astratto sia il giudizio illuminista sulla guerra, sia il tentativo di neutralizzarne la inevitabilità attraverso il dominio di un artificio dell'intelligenza. Non esiste altra razionalità che quella in atto nella obiettività del mondo: avere ideali è da cattivi filosofi. Il referente materiale è il quadro delle guerre napoleoniche in cui lo stato accentua la sua caratteristica nazionale attraverso la relazione popolo-nazione-stato. Il quadro simbolico è piuttosto complesso, e il modo di pensare la necessità storica della guerra in Hegel è una costruzione formidabile. Direi che il segreto di tutta la posizione hegeliana sulla guerra consiste nella capacità di spiegare bene l'aggettivo storico quando si dice che la guerra è un evento storico. Un celeberrimo passo della Fenomenologia dello Spirito dice: «Non quella vita che inorridisce di fronte alla morte, schiva della distruzione, anzi quel.la che sopporta la morte e in essa si mantiene, è la vita dello spirito. Essa guadagna la sua verità solo a patto di ritrovare sé nell'assoluta devastazione[...] Lo spirito è questa forza solo perché sa guardare in faccia al negativo e soffermarsi presso di lui». Senza relazione con la morte non esiste vita dello spirito e la dimenticanza della morte, in un pensiero che simboleggia la volontà, costruisce vanità intellettuali. Questo è lo schema ben noto attraverso cui nella Fenomenologia dello Spirito il processo del senso entra nel mondo con il suo gesto inaugurale di libertà e si riproduce come condizione di ogni figura spirituale che appartenga alla sfera della volontà. Lo stato, che è una individualità spirituale, trova la sua realtà piena proprio quando, nella guerra, guarda in faccia al negativo e afferma la propria identità al prezzo possibile della propria distruzione. La verità di ogni soggettività ha la sua prova nel saper permanere presso la morte. La guerra è il rischio di morte della individualità storica dello stato, e il rischio di morte 165

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