Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

morale che investe le dominanti figure del potere epocale, è la rinascita di un radicale Cristianesimo evangelico che Erasmo condivide con altre figure rilevanti di contemporanei: Moro, Colet, Vives. Il modo evangelico con cui Erasmo pone il problema della guerra ha uno straordinario effetto di rovesciamento dei tempi. È noto che, prima di Costantino, un cristiano non poteva portare le armi, e, in ogni caso, se si trovasse impegnato nel servizio dell'impero, non poteva portare la morte all'altro uomo. Erasmo, dopo un interminabile periodo in cui il Cristianesimo si trovò impegnato nel sistema dei poteri mondani e politici, e quindi i suoi teologi dovettero organizzare un modo di pensare alla guerra che avesse una sua compatibilità tra la partecipazione all'esercizio della forza e il dovere cristiano, azzerò questa teologia dottrinale e questa pratica secolare. Il testo del Vangelo ritornò in primo piano come il luogo dell'insegnamento e dell'identità cristiana: il dirsi cristiani significa mettersi in una relazione diretta con il messaggio evangelico, tradurre nella propria sensibilità, nel gesto, nel corpo, nell'attitudine all'altro la parola cristiana, e quindi sulla tradizione, sull'abitudine, sul corso del mondo, scende il giudizio che rinnova la tradizione, e, in quanto ne ritesse il valore, opera comedisturbo emalessere laddove la parola cristiana era domata da codici che avevano introdotto l'oblio sull'impossibilità della guerra e sulla naturalità della pace, propria di un coro d'anime che realizzasse nella propria vita l'insegnamento dell'amore. Gli stoici insegnano che, di fronte a questo azzeramento dei tempi e a questo radicalismo dei compiti, i poteri furono rispettosi ]li.a distratti, e tuttavia le parole scritte se non furono una nuova legislazione mondana, corsero per gli spazi umbratili della trasmissione religiosa e filosofica lungo un intero secolo e, forse, oltre. Nell'opera di Érasmo il tema della guerra e della pace cristiana emerge in più luoghi, qui considererò soltanto negli Adagia il celebre commento al proverbio elegans 149

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