Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

ne radicale che si inaugura con la figura iniziatica dello «stupore». Spossessamento, seduzione, soggiogamento a quanto sfugge alla presa del concetto, urto col «non problematizzabile» che non è «fatto essere» dall'interrogazione, ma ad essa si impone. Quasi stupefacta, attonita, assoggettata alla condizione di preda, la ragione è in balia di uno_ stato ancipite in cui si fondono attrazione e terrore, orrore e sublime: il torpore della «teoplessia» dischiude lo spiraglio del ribaltamento (il calvario della coscienza è spesso raffigurato da Schelling con l'immagine della guarigione da una malattia), l'autonegazione della ragione è scoperta della propria trascendenza. Questa formidabile traslitterazione di temi della tradizione mistica è più volte associata da Schelling al celebre luogo kantiano sul «baratro della ragione umana» - pensiero «orridamente sublime» (schauderhaft erhaben) che «non si può evitare, ma non si può nemmeno sostenere»24 . Nell'annunciare la drammaticità di questo scenario, le Conferenze di Erlangen recitano che «pensare è rinunciare a sapere». Il gusto etimologico di Schelling lo condurrà più volte a rimarcare i transiti tra wissen e konnen, sapere e potere; ogni pensiero invece «è il risultato di una tensione superata, di una separazione, di una crisi»: Denken, ragguaglia Schelling, deriva infatti da dehnen, «espandere», «dilatare», o dal greco dfnos, «designante ciò che è sfuggito a un movimento turbinoso»25 • Icona di un protrettico, sinopia inaugurale di un'introduzione, «materia» di un sistema che va fermentando la sua forma compiuta, l'asystasia veglia come un fuoco di Hestia sui più alti picchi della tarda speculazione di Schelling. 4. Le scene considerate riflettono tre possibili profili della guerra come «metafora assoluta» della conoscenza. Il profilo disciplinare (la guerra come belligeranza tra linguaggi); il profilo soggettuale (la guerra come processo 138

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