Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

si moltiplicano in un popolo solo alla nascita della sua arte militare o alla sua decadenza»3 • Eppure, in questo paesaggio in cui «tutto fa prevedere la prossima caduta della repubblica delle lettere e la dominazione universale delle scienze esatte e naturali», de Bonald lascia aperto uno spiraglio, con agrodolce sarcasmo. Infatti «la letteratura non perirà senza gloria e senza vendicarsi: se soccombe in questa guerra, le resta una risorsa; che l'amabile autore della Gastronomie, l'Omero che ha celebrato gli déi e le battaglie dell'Opéra, voglia cantarla»4 • La subalternità del linguaggio letterario si riscatta quindi attraverso la possibilità di rappresentare il proprio scacco. Senza poterla eludere, il letterario può distanziarsi ironicamente dalla gabbia d'acciaio della reciproca sopraffazione. Ma il presagio infausto di de Bonald annuncia un più aspro malessere, una spaccatura profonda nelle forme del pensare: «ciò che il poeta diceva della sregolatezza dei costumi dei Romani, ' ... saevior armis! lux.uria incubuit, victumque ulciscitur orbem', si applicherà un giorno alla sregolatezza delle nostre menti»5 • 2. Nello stesso periodo di inizio Ottocento, a Konigsberg, dove Kant si era spento da poco, e a pochi anni di distanza dalla celebre lettera in cui esprimeva drammaticamente la sua «crisi kantiana», Kleist compone il piccolo gioiello Uber die allmiihliche Verfertigung der Gedanken beim Reden6 • Il saggio si apre sullo smarrimento del soggetto di fronte a un'aporia, disagio di chi non riesce a venire a capo di uno stato di impasse che blocca il cammino della riflessione. Kleist consiglia in queste circostanze di non insistere coi tentativi di concentrazione, ma di giocare d'astuzia, controintuitivamente, conversando col primo conoscente che capita, facendo precipitare le parole sul problema. Così, in difficoltà con problemi giuridici o matematici (la «causa intricata» o l'equazione algebrica da impostare), Kleist cerca il dialogo con la sorella, ine131

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