Il piccolo Hans - anno XIV - n. 56 - inverno 1987

sperta di codici e pandette come delle matematiche di Eulero o Kastner7 • L'atto di interpellare l'altro non corrisponde quindi ad un'esplicita richiesta di aiuto o di collaborazione nel merito della difficoltà, e anzi è opportuno che il partner del dialogo sia ignaro e di per sé incapace di dominare (e a fortiori risolvere) i termini della questione. Allentando la tensione ormai cieca della riflessione, il soggetto si allontana mentalmente dal cuore del problema: lo fa cadere, per così dire, in una sorta di oblìo apparente. Il dialogo non prelude allora ad una risoluzione concertata e argomentata, ma è inscenato affinché qualcuno possa interloquire, interferire, danneggiare i ritmi della riflessione. «Niente mi è così vantaggioso quanto un gesto di mia sorella come volesse interrompermi; infatti, il mio animo, già per sé affaticato, con questo esterno tentativo di strappargli il discorso nel cui possesso si trova, viene ancora più eccitato, e teso nella sua capacità come un grande generale quando le circostanze urgono»8 • Sotto la pressione degli eventi, aggredito dalla minaccia dell'estorsione della parola, il pensiero viene trascinato, mobilitato, attivato come una macchina da guerra, «macchina per produrre idee e per esprimerle»9 • Una guerra si consuma quindi in quello che appare un parlare innocuo e fine a se stesso, stretto nei limiti della conversazione o dell'intrattenimento, e che è invece un dialogo strategico, che ha di mira qualcosa di diverso da ciò che in esso si esprime - un dialogo, per dir così, con secondi fini. Esso è infatti meno puntato sull'ascolto, sul recepimento delle ragioni dell'altro, che non su un espediente rapinoso che lo rende di fatto un pretesto euristico, scintilla per far germinare quanto si è sul punto di raggiungere: lungo la disseminazione capillare e fibrillare dei gesti, delle ellissi, delle circostanze del parlare. Il gesto gordiano di fluttuare senza il soccorso della riflessione spezza la teratogenesi del suo paradosso, in cui la distanza dall'obiettivo si accresce quanto più ci si studia di 132

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